Perché questo piano arriva ora


Dopo quasi due anni di guerra nella Striscia, con una crisi umanitaria senza precedenti e pressioni internazionali crescenti, Donald Trump ha presentato alla Casa Bianca un “piano di 20 punti” per “porre fine” al conflitto. Benjamin Netanyahu ha dichiarato pubblicamente di sostenerlo, affermando che il pacchetto “raggiunge gli obiettivi di guerra di Israele” (ostaggi, smantellamento delle capacità militari di Hamas, fine del suo dominio politico e prevenzione di nuove minacce). Ma la sua adesione è tutt’altro che incondizionata. Mentre a Washington si annunciava l’iniziativa, sul terreno continuavano bombardamenti e morti: diverse testate hanno registrato nuove vittime a Gaza proprio mentre Hamas riceveva la proposta per valutarla con i mediatori. È il primo indizio di una frattura tra la narrazione di svolta e la realtà militare.



Cosa prevede davvero il “piano Trump”


Il testo integrale, pubblicato in forma di 20 punti, mette al centro una cessazione delle ostilità condizionata a una sequenza stringente di adempimenti: il rilascio degli ostaggi israeliani entro 72 ore dall’accettazione, in parallelo con un massiccio scambio di prigionieri palestinesi; la sospensione delle operazioni mentre avviene la liberazione, con parziale arretramento delle forze israeliane verso aree designate; il disarmo di Hamas, con previsione di amnistia o esilio per i combattenti che depongono le armi; l’esclusione di Hamas dal futuro governo di Gaza e la creazione di un comitato tecnico palestinese transitorio sotto la supervisione di un “Board of Peace” a guida Trump, con nomi come Tony Blair tra i possibili protagonisti; il riavvio degli aiuti sotto supervisione ONU e un piano di ricostruzione legato a un futuro vago di “deradicalizzazione” e “sicurezza”. Dal punto di vista palestinese, il documento non offre un percorso credibile verso la sovranità: lo Stato palestinese è evocato in modo nebuloso e subordinato a riforme e “cambiamenti di mentalità”, senza garanzie giuridiche o tempistiche verificabili. È un impianto tecnocratico che commissaria Gaza più che emanciparla.